Lo Scaruffi-Levi-Tricolore incontra Giuseppe Antoci

Aggiornato a:
10 Febbraio 2023

L’articolo è stato scritto da Noemi Petrosino e Francesca Schiano, studentesse dell’Istituto Scaruffi-Levi-Tricolore, redattrici del giornalino studentesco dell’Istituto. 

Sicuramente avrete sentito tutti parlare di legalità. Questa parola a noi evoca subito alcuni nomi delle più grandi vittime delle mafie: don Pino Puglisi, sacerdote siciliano che sfidò apertamente la mafia, ucciso nel giorno del suo 56esimo compleanno; Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, magistrati italiani che hanno dedicato tutta la loro vita a lottare per la giustizia; Peppino Impastato, giovane giornalista che ebbe la forza di opporsi a un sistema criminale. 

Sensibile alla tematica della legalità, il nostro istituto, lo Scaruffi Levi Tricolore, da anni aderisce al progetto “Noi contro le mafie”, grazie al quale nel mese di febbraio ha potuto incontrare Giuseppe Antoci, tenace antagonista della mafia. Eletto presidente del Parco dei Nebrodi, sito tra Messina e Caltanissetta, si è messo in gioco fin da subito per liberare il parco dal controllo di Cosa Nostra, la mafia siciliana. In un incontro presso l’Aula Magna di via Filippo Re, ha usato parole molto forti contro il silenzio e l’omertà: “Il silenzio non aiuta certamente chi combatte le mafie. Di quel silenzio si nutrono le mafie, la corruzione e l’illegalità”. Ha ribadito con passione e convinzione come quel silenzio non sia innocuo, anzi, insieme alla paura, sia terreno fertile per il diffondersi del fenomeno criminoso. Con fermezza ha affermato che per combattere l’illegalità non è sufficiente lo Stato, con l’intervento delle forze dell’ordine e della magistratura, ma è necessaria l’antimafia sociale, costituita da ciascuno di noi. Il Presidente ha ribadito alle ragazze e ai ragazzi presenti come sia importante, oggi più che mai, punire i mafiosi con la pena, ma lo strascico delle loro azioni continuerà certamente per i familiari delle vittime, che vivranno per sempre l’ergastolo del dolore: a loro va il pensiero di Antoci, affinché non siano dimenticate. Ha poi raccontato la sua personale esperienza di vita sotto protezione. Tutto questo ha avuto inizio più di otto anni fa e da allora non è più un uomo libero; prima la paura per se stesso e poi la paura per la famiglia e per le figlie, a cui si sente di avere indirettamente negato anche le cose più normali, come una semplice vacanza estiva. Attualmente vive sotto protezione speciale per le nuove minacce ricevute; anche la sua casa è presidiata giorno e notte dall’esercito.

Quando gli si chiede, però, se ne sia valsa la pena, risponde sempre di sì, perché è importante far valere le idee per cui si combatte: paradossalmente ora si sente più libero di prima di portare avanti la sua lotta contro la criminalità organizzata. Poche le parole spese su Matteo Messina Denaro, in risposta a una nostra domanda: l’invito di Antoci è stato quello di non mitizzare una figura che, mente della mafia stragista e latitante per 30 anni, si è macchiato di delitti efferati, ai danni di persone innocenti e dello Stato. 

Incontrare un testimone come Giuseppe Antoci è stato particolarmente significativo per la vita di noi ragazzi e della nostra scuola. 

Cosa speriamo per il futuro? Sogniamo un mondo senza mafia: indubbiamente non ci aspettiamo che le organizzazioni mafiose improvvisamente spariscano, ma confidiamo nel nostro piccolo che la consapevolezza e il senso di responsabilità non ci facciano mai abbassare la guarda e guidino le nostre scelte nella vita personale e in quella che a breve sarà anche professionale. 

Incontro con Giuseppe Antoci 

Nel suo libro, La mafia dei pascoli, una denuncia 

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